STARE CON I POVERI
Il messaggio scomodo di don Paolo Serra Zanetti
Pubblicazione su don Paolo Serra Zanetti nel X° anniversario della sua morte. E' stata presentata il 14 Marzo 2015 presso la Sala Tassinari di Palazzo d’Accursio da Alessandra Deoriti, che ne è stata, con Matteo Marabini, la curatrice e da don Fabrizio Mandreoli, uno degli autori.
Alessandra Deoriti ritrova le caratteristiche della vita di don Paolo e del suo presbiterato in quelle che il documento conciliare sul ministero e la vita dei Presbiteri indica per questi ultimi e, in particolare, nel vivere come fratelli in mezzo agli uomini, nel farsi carico dell'affidamento dei più poveri e dei più deboli evitando tutto ciò che potrebbe allontanare i poveri dalla Chiesa. Riferendosi alla esperienza di don Paolo, Alessandra richiama, dalla Evangelii Gaudium, l'idea di una Chiesa non dal “muso lungo” - una Quaresima senza Pasqua -, una Chiesa che cresce non per proselitismo ma per attrazione, una parola che non scoraggia mai, una Chiesa dove c'è posto per tutti - non una dogana che si chiude e si difende -, una Chiesa che accompagna con misericordia e pazienza e non fa del confessionale una camera di tortura ma piuttosto il luogo della misericordia che stimola a fare il bene possibile. E sottolinea come l’operato di don Paolo sia in sintonia con quanto Papa Francesco denuncia come la ”peggior discriminazione” di cui soffrono i poveri, ossia la ”mancanza di attenzione spirituale nei loro confronti”
Don Fabrizio Mandreoli vede in don Paolo il carattere dell'esploratore, della staffetta di un percorso che la Chiesa deve compiere. In questa prospettiva sta la capacità di ascolto delle persone con un incessante lavorio ed elaborazione, un ascolto profondo con grande capacità di lasciarsi interrogare conservando, tuttavia, convinzioni molto radicate, rocciose. Un ascolto coraggioso e aderente alla vita, radicalmente non violento, uno sguardo non condizionato da ideologie che non ferisce e non umilia. Un modo di ascoltare e di rapportarsi che fa respirare e permette alle persone di essere quelle che sono, uno sguardo coraggioso che non si spaventa delle contraddizioni e delle cose che non vanno. Da qui la capacità “terapeutica” dei rapporti pacifici creati da don Paolo: un modo profondo di sentire e vivere la realtà, una vita che va verso dimensioni di pace.
Negli interventi che sono seguiti Giancarla Matteuzzi accenna a una particolare declinazione dello stare di don Paolo con i poveri, che dice di non aver trovato negli articoli del libro: si tratta di quella forma di povertà nella quale può in talune occasioni succedere a tutti - presbiteri e laici - di incappare: quando ti capita qualche “guaio” personale proprio all’interno della tua Chiesa, quando hai forse anche commesso qualche colpa - o magari sei stato frainteso - e sei trattato, come spesso accade nei contesti ecclesiastici, senza possibilità di difenderti, di esprimere le tue ragioni.
Essere in questa situazione all’interno della propria Chiesa, soprattutto se si tiene all’appartenenza, è davvero una condizione di povertà. E Giancarla cita due episodi, di cui ha avuto esperienza all'interno della comunità ecclesiale, di mancato ascolto e di incomprensione fra laici e gerarchia. E dice: “Ecco: quando a qualcuno dei suoi confratelli presbiteri, o anche a noi laici è capitato di trovarsi dentro a questo genere di povertà, abbiamo sentito subito che don Paolo stava con noi, era dalla nostra parte”.
Giancarla ritiene che questo aspetto della persona di don Paolo, questa sua parresia, che in questi 10-11 anni è emerso raramente, andrebbe meglio indagato.
Essere in questa situazione all’interno della propria Chiesa, soprattutto se si tiene all’appartenenza, è davvero una condizione di povertà. E Giancarla cita due episodi, di cui ha avuto esperienza all'interno della comunità ecclesiale, di mancato ascolto e di incomprensione fra laici e gerarchia. E dice: “Ecco: quando a qualcuno dei suoi confratelli presbiteri, o anche a noi laici è capitato di trovarsi dentro a questo genere di povertà, abbiamo sentito subito che don Paolo stava con noi, era dalla nostra parte”.
Giancarla ritiene che questo aspetto della persona di don Paolo, questa sua parresia, che in questi 10-11 anni è emerso raramente, andrebbe meglio indagato.
Gianni Sofri evidenzia la capacità di don Paolo di mettere le persone a proprio agio e, richiamando Gandhi, vi scopre l'uomo che predica ciò che pratica. Un uomo fragile ma con molta forza che si fa prossimo. A proposito del servizio di carità, Sofri ne rileva la dimensione personale e la contrarietà alle proposte di istituzionalizzazione. Don Paolo è persona che lavora con passione, non per emergere o per carriera, studia per amore e per la ricerca della verità. A questo proposito nota la sua partecipazione attenta e dialogante, pur non essendone relatore, alla discussione della tesi di laurea di Giancarla Matteuzzi quando ancora non esisteva con lei un rapporto di conoscenza, cosa assolutamente insolita nell'ambiente universitario. Carlo Lesi, che è stato vicino a don Paolo nella malattia ed ha assistito alla sua morte, ne sottolinea la premura nei confronti di chiunque, amici o allievi, ne richiamasse l'interessamento e la presenza.
Giancarla Codrignani, infine, vede in don Paolo una testimonianza del primato della coscienza: un principio affermato in modo esplicito dal Concilio, evento che, a 50 anni dalla sua celebrazione, non si è avuto ancora il coraggio di accogliere e realizzare. Sottolinea come si stia vivendo un tempo di crisi imponente sia in ambito sociale, dove è evidente la dimensione economica in cui primeggia la finanza, sia in ambito religioso dove permangono le separazioni fra cristiani. Riferendosi, poi, all'Associazione che porta il nome di don Paolo, ne indica l'impegno nel continuare e potenziare la fraternità di cui don Paolo è stato testimone.
Dalla pubblicazione e dalla presentazione che se ne è fatta emerge, senza alcun dubbio, che la persona di don Paolo e la sua esperienza di vita rappresentano una parola che ancora ci interroga e ci impone un'attenta riflessione. “Stare con i poveri”, nell'attuale società dello “scarto” e delle accentuate differenze fra i “poveri” ed i “ricchi” potrebbe diventare un semplice ed appagante slogan: in don Paolo abbiamo una concreta esperienza di chi sono i “poveri” e di un modo di stare con loro.
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