Lettera di risposta a pubbliche proteste
Maggio 1996: A seguito della pubblicazione sui quotidiani di Bologna di pubbliche proteste da parte di negozianti e residenti di via Castiglione (dove abitava don Paolo) - determinate dal radunarsi in quel luogo di gruppi di poveri e gente di strada -, Don Paolo rispose con questa lettera, inviandola a Piazza Grande", il periodico dei senza fissa dimora.
Sono ormai molti anni che mi trovo nella situazione che ha dato origine alle proteste pubbliche di questi ultimi giorni. Si è trattato, credo di poter dire, del desiderio e del bisogno di avere un'attenzione diretta verso chi si trova in condizioni di disagio, prevalentemente di tipo economico, legato spesso a storie personali dolorose, non di rado a inquietudini e turbamenti psicologici, e, certo, in questo e quel caso, anche a responsabilità personali; ho creduto, insieme, di non potere - o di poter ben poco - giudicare sugli errori altrui. Ho avvertito - e avverto - l'urgenza di essere, per quanto possibile, accogliente, di non dare a nessuno la sensazione di venire allontanato, rifiutato; in caso di incertezza, ho generalmente preferito correre il rischio di sbagliare cedendo a una richiesta piuttosto che rifiutando.
Dio solo sa quanto c'è di autentico e giusto in questo mio comportamento; se qualcosa di buono ho potuto fare qualche volta, è stato se e quando ho effettivamente seguito una parola antica e nuova come "Amerai il tuo prossimo come te stesso"; ma non voglio farmi illusioni, non posso presumere niente, posso e devo sperare in una bontà più grande che mi precede e, se sono docile, mi sostiene.
Il modo in cui ho vissuto questa urgenza, questa necessità, è certamente criticabile; io stesso più volte ho provato disagio, ho avvertito qualcosa di poco equilibrato, talora di alquanto disordinato.
Al desiderio di essere amico, semplicemente e concretamente, delle persone - cominciando da chi si presenta più povero e debole - ha corrisposto una realizzazione molto inadeguata, spesso confusa, quasi sempre disorganizzata, talora portatrice di complicazioni per altri. Questo è in parte dovuto al mio genere di vita, in cui ho tentato di tenere insieme un'attività "intellettuale" decisamente impegnativa ed un rapporto molteplice un po' pervasivo con persone alle prese quotidianamente sul come "sbarcare la giornata". Forse avrei dovuto saper decidere più nettamente; perché, nelle mie condizioni attuali, non potrei vivere a tempo pieno con i poveri, per i poveri; così è accaduto che il mio modo di dare una mano - non certo con la pretesa di risolvere problemi che sono troppo ardui anche per le strutture di una società avanzata - si è risolto prevalentemente nel dare qualche soldo, venendo incontro a più o meno piccole necessità e dando certamente luogo a qualche ambiguità; non ho tenuto abbastanza conto di richiami e suggerimenti di "gestire" le cose un po' diversamente, con un po' più - perché no - d'intelligenza; non mi sono abbastanza preoccupato di alcuni disagi che arrecavo ad altri, a partire dalla mia parrocchia e da persone del quartiere che esprimevano lamentele per episodi sgradevoli; perché ve ne sono stati - anche se, in complesso raramente, mi sembra-, causati soprattutto da qualche sovrabbondanza di bevande alcooliche (non tutti i bevitori sono santi, per ricordare il bel racconto di Roth...); ed anche al Dipartimento Universitario dove lavoro c'è stato più volte un viavai non studentesco che ha generato qualche perplessità. Non ho saputo far di meglio, e certo con qualcuno, con parecchi, mi devo scusare; mi devo scusare con qualcuno a cui ho imposto, credo senza volerlo, dei pesi con questa mia "attività"; mi devo scusare con molte persone bisognose che ho trattato con sbrigatività e superficialità. E devo ringraziare molti umili amici che mi hanno dato la possibilità di riflettere meno sommariamente, superando forse alcuni pregiudizi, sulla fatica e qualche gioia del vivere di ogni giorno. Spero vivamente che la presente occasione possa aiutare, me e tutti quanti siamo coinvolti in questa vicenda, per un impegno più serio, più esigente, più profondo.
Un giorno qualcuno ha detto "I poveri li avrete sempre con voi"; non certo per rassegnarsi al peggio, ma per "inventare", con umana attenzione e dedizione, qualcosa che aiuti a vivere, a respirare, a sperare; perché ci si possa guardare in faccia senza paura, senza vergogna, senza sottintesi amari, ma con quella volontà di bene che è, in definitiva, espressione dell'unica resistente e convincente e coraggiosa speranza.